Archive for the ‘Qohelet Daily’ Category
Negazionismo e cialtronismo
Capita perfino di chiedersi perché esistano i quotidiani, in un paese dove l’attualità non è un’increspatura sull’onda della storia ma lo sciabordìo di un eterno presente inconcludente. Basterebbe, all’occasione, riesumare antichi commenti. E così, ora che torna in auge e in aula il dibattito sul reato di negazionismo, il pigro che è in me si limiterebbe a trascrivere qualche riga da un vecchio libro, Anatomia dell’errore giudiziario dell’avvocato Titta Mazzuca, che riassumeva tutta una filosofia del legiferare: “Ma bisogna andare cauti con le leggi! In questi ultimi tempi i nostri legislatori hanno preteso di modificare il costume con la proliferazione di ogni tipo di norme. Ne sono derivate leggi viziate sul piano logico, psicologico e tecnico-giuridico”. Le leggi non si creano “col capriccio d’un atto di volontà, con l’impulsività delle reazioni, talora emotive, a determinati fenomeni sociali”. Il libro ha trentacinque anni ma nulla è cambiato, salvo che in casi come questo l’impulsività non è dettata da un allarme diffuso, foss’anche eccitato ad arte dalle cronache, ma dalla liturgia del calendario. I promotori dicono che affrettarsi a esaminare il disegno di legge è doveroso, perché incombe il 27 gennaio; a ottobre si rammaricarono perché non si poté cogliere l’onda del settantennale del rastrellamento del ghetto di Roma e dell’indignazione per i deliri di Priebke. Non è così che si legifera. Leggi il seguito di questo post »
O’Nfamone. Un rondò giudiziario
Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 23, versetto 30: «Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti». Lo dicevano gli scribi e i farisei, e indovinate cosa facevano intanto? Complottavano per uccidere un altro profeta, l’ennesimo. «Se fossimo vissuti al tempo del caso Tortora, non ci saremmo associati ai magistrati, ai pentiti e ai giornalisti» lasciano intendere i nuovi sepolcri imbiancati, che fanno i maestri di garantismo retrospettivo mentre agitano le manette per gli imputati di oggi. L’umanità è piuttosto prevedibile, e la storia – specie la storia italiana – terribilmente monotona. Tortora, che agli arresti domiciliari passava il tempo leggendo antiche cronache, si era convinto che il suo caso fosse la pedissequa ripetizione del caso Cuocolo, un processo di camorra del 1908, solo che lì i pentiti si chiamavano «ravveduti» e al posto di Pandico c’era un certo Abbatemaggio detto «O ’nfamone».
La storia è così monotona da venire a noia, e tra i venticinque anni dalla morte di Tortora (18 maggio 1988) e i trenta dal suo arresto (17 giugno 1983), ci siamo dimenticati di un altro anniversario: il sessantennale del caso Montesi. Eppure in quel processo c’erano in nuce tutti i processi italiani, da Tortora a Mani pulite, e tutti i nodi che sarebbero venuti al pettine (se non fosse, diceva Sciascia, che manca il pettine). Era tutto lì, in quell’inchiesta sulla ragazza trovata morta a Tor Vajanica, sul litorale romano, l’11 aprile del 1953. Al posto dei frigidi manuali di educazione civica, a scuola dovrebbero far studiare Dolce vita di Stephen Gundle o Il caso Montesi di Francesco Grignetti, due libri documentatissimi sul caso. Leggi il seguito di questo post »
Abbacchio con patate senza abbacchio. Su Nicola Chiaromonte
Ordinare un abbacchio con patate e vedersi recapitare delle patate senza abbacchio; comprare Il tempo della malafede e altri scritti di Nicola Chiaromonte e constatare, scorrendo l’indice, che non c’è “Il tempo della malafede”, ma solo gli altri scritti. Sono due incidenti che possono rovinarvi, rispettivamente, il pranzo di Pasqua e le letture di Pasquetta. Nel primo caso, però, si può sempre pensare che sia all’opera un cameriere pasticcione come il Chaplin di Tempi moderni, che deve servire un’anatra arrosto in un ristorante affollatissimo ma porta in tavola solo il contorno, perché l’anatra si è impigliata nel lampadario. Il caso di Chiaromonte è più difficile da decifrare, già che lo stesso piatto incompiuto sarà servito a tutta la mensa famelica dei lettori, e ci si chiede se non altro cosa passasse per la mente all’intero ristorante delle Edizioni dell’Asino, dai cuochi al maître di sala, mentre facevano uscire dalle cucine centinaia di abbacchi con patate senza abbacchio. Leggi il seguito di questo post »
Tutto il potere a Luciano Salce! Consigli al governo Monti
Si potrebbe comporre un giornale al passo con l’attualità solo riciclando vecchi articoli, o perfino esumando pagine di quotidiani estinti. L’idea tradisce una visione disperata della storia italiana come eterna ripetizione di uno stesso spettacolo, dove cambiano solo i nomi dei primattori (e a volte, nel nostro paese dinastico, neppure quelli). Fatto sta che ne ho avuto conferma in un bel pomeriggio con Marco Pannella al Partito Radicale. Pannella mi ha mostrato i vecchi numeri di Liberazione, quotidiano radicale da lui diretto (e in buona parte scritto) che durò in vita meno di un anno, tra il 1973 e il 1974, al culmine della campagna per il divorzio. Ebbene, una buona metà dei titoli – sulle carceri, sulle corporazioni, sui temi economici – si potrebbero ripubblicare senza cambiare una virgola. Mi sono chiesto, a quel punto, se ci fosse anche una profezia del governo Monti. C’era. A firma di Luciano Salce, geniale regista socialista e radicale, che nel marzo del 1974 intuì la necessità di commissariare la partitocrazia e diede anche alcune buone idee per la famosa fase due. Leggi il seguito di questo post »
I lettori e il diritto alla noia
Già che sono in vena di ripescare cose dimenticate dalle grandi riviste del passato, ecco una bella pagina apparsa su Tempo Presente quasi cinquant’anni fa, nel 1962. È tratta dagli Appunti sul costume letterario di Giovanni Russo, a metà tra il diario e il simposio tra amici e colleghi. Dei suoi interlocutori Russo non fa mai il cognome, ma certi nomi (uno a caso: Ennio) lasciano poco spazio al mistero. Peraltro fu proprio Giovanni Russo, anni fa, a ricordare che il criterio del nome serviva a Flaiano per distinguere tra i veri amici e quegli insopportabili adulatori che ostentano familiarità immaginarie: “Sono quelli che mi chiamano Ennio”, diceva pressapoco; “gli amici, invece, mi chiamano Flaiano”.
L’argomento della discussione è qui la Noia, se abbia o meno “il diritto di assidersi al fianco della Musa”, e soprattutto quel singolare pudore di critici e recensori nel farne un metro per giudicare il valore di un libro. Una reticenza che, in fin dei conti, tradisce una visione della lettura come pratica tetra e puritana, i cui piaceri vanno cautamente dissimulati. Leggi il seguito di questo post »
Cose buone dal “Mondo”, II – Eutanasia e suicidio
Oggi, a margine del monologo di Saviano sul caso Welby, delle polemiche che ne sono seguite (più insulse del solito) sull’eutanasia e il diritto di scegliere la propria morte, il mio Qohelet Daily – il giornale composto unicamente di vecchi articoli – pubblicherebbe questo intervento di Guido Calogero, uno dei grandi filosofi italiani del secolo scorso. Uscì sul Mondo il 20 marzo del 1962 nella rubrica “Quaderno” che occupava il taglio basso della sedicesima e ultima pagina. A quanto apprendo, fu poi ripubblicato in Quaderno laico (Laterza, 1967), che raccoglieva il meglio della rubrica. Prosegue così lo scellerato progetto di ripubblicazione integrale, un articolo a settimana per i prossimi 830 anni, del Mondo di Pannunzio. Leggi il seguito di questo post »
Riceviamo (dall’oltretomba) e volentieri pubblichiamo
Ogni nuovo novembre che manda il cielo, puntuali come le migrazioni degli uccelli, arrivano gli articoli, le commemorazioni e le polemiche su Pier Paolo Pasolini. Sono sempre uguali, e (controindicazione farmacologica) possono indurre sonnolenza.
Ne pescherò qualche ipotetico brandello, come dall’intermittenza di un dormiveglia: «Intellettuale lucido e profetico, fu l’unico a intuire che… Oggi come non mai si sente la mancanza di una voce in grado di… Lo scandalo di Pasolini, la sua “bestemmia” consisteva nel… La disperata vitalità di… L’intuizione profetica del processo al Palazzo… La scomparsa delle lucciole, che… E nell’articolo dei capelloni, poi… Il discorso dell'”Io so”, dove accusava… Il senso del sacro di Pasolini, il suo arcaico cattolicesimo che… Comunista eretico, scomodo, osteggiato da… Denunciò l’omologazione del nuovo fascismo dei consumi… La sua omosessualità, il suo corpo, che i ragazzi di vita sottoproletari… E infatti a Valle Giulia… E invece sull’aborto…». Leggi il seguito di questo post »
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.