Posts Tagged ‘Michele Santoro’
Chiamata alle armi per una nuova guerriglia semiologica (Mani bucate, 37)
L’obbligo per i sudditi di abbracciare la fede del sovrano – cuius regio eius religio, pace di Augusta, 1555 – vale tuttora per certi giornali. Se non per la linea politica, quanto meno per lo stile, diciamo pure per le formule liturgiche; ed è una conversione più profonda e insidiosa. Infallibilmente, chi comincia a scrivere per il Fatto Quotidiano finisce per scrivere male, scimmiottando quella maniera pedestre da Fortebraccio del Bagaglino di cui va così fiero il direttore. Questo pensavo leggendo l’altro ieri il commento sarcastico di Silvia Truzzi al discorso di Luciano Violante a Pisa, che fin dalla prima frase accordava il suo strumento su quello del principe regnante della testata: “Più che un participio, una certezza” – omaggio ai mille corsivi di Travaglio dove Violante è chiamato “il noto participio presente” o “voce del verbo violare”. L’ultimo è proprio di ieri: “Violare, violando, Violante”. Leggi il seguito di questo post »
PPP – Programma Protezione Pentiti (Mani bucate, 23)
Michele Santoro ha ancora centosettantadue giorni, a partire da oggi. Dopo la sua lettera aperta di venerdì scorso sulla pagina Facebook di Servizio pubblico – così inaspettatamente saggia che potrei sottoscriverne quasi ogni parola – ho pensato che sarei ben felice di ammetterlo nel mio personale programma di protezione per i pentiti. Non ho granché da offrire – un divano letto, pizza a domicilio, uno scrittoio, una stufetta – ma prometto di piantarmi sulla soglia di casa con una mazza da baseball per difenderlo dalle scorrerie e dalle ritorsioni della teppaglia grillina, che già lo accusa di essersi venduto a Renzi e alla Rai, proprio come Benigni (mentre scrivo queste righe, una nuova lettera di Santoro invita Grillo a tenere a bada i suoi “manipoli virtuali”: tranquillo Michele, ci penso io). L’unica condizione è che, come i pentiti, entro centottanta giorni (otto sono già passati) vuoti il sacco sulle sue responsabilità – e sia subito chiaro che non accetterò rivelazioni centellinate. Dall’apocalisse non posso salvarlo, quello no, anche perché è lui ad aver rinfocolato le mie angosce per il finimondo che minaccia di scatenarsi dopo il 4 dicembre. Ricapitolando: Beppe Grillo, sempre più visibilmente ubriaco, sprofondato ormai nella sua abissale fessaggine e nella sua miseria politica, esulta per il grande V-day di Trump come apocalisse dell’establishment. Santoro commenta: “Finalmente qualcuno ammette autorevolmente che l’apocalisse non è un’invenzione di Renzi e si può concretamente verificare. Non solo, ma è proprio quello l’obiettivo per cui si batte: il crollo della democrazia per come l’abbiamo conosciuta in Occidente”. Leggi il seguito di questo post »
Romanzo criminale, Mafia Capitale e la Notte dell’Onestà
Io faccio voto di non usare la parola “pirandelliano”, per non cadere nel luogo comune; voi però leggete questa notizia e meditate sulle inverosimiglianze e le assurdità della vita, che se non copia dall’arte quanto meno le si mescola fino a rendersene indiscernibile. Il Movimento Cinque Stelle ha convocato per il 24 gennaio la Notte dell’Onestà (è un pomeriggio, a rigore) in Piazza SS. Apostoli a Roma, per non dimenticare lo scandalo Mafia Capitale. Attori, cantanti e altra gente di spettacolo si avvicenderanno sul palco, ma la sera del 24 non si recita a soggetto, al contrario: si leggono intercettazioni della Procura di Roma. L’uso delle altrui telefonate come sceneggiatura, copione, canovaccio da commedia dell’arte o testo di una sacra rappresentazione ha ormai una lunga storia, dalle ricostruzioni a fumetti di Santoro – che però nel gusto inclinavano più al fotoromanzo, al Grand Hotel – alla consacrazione di Lucarelli, che riconobbe nell’intercettazione un nuovo genere letterario e lanciò perfino un concorso di intercettazioni immaginarie. Leggi il seguito di questo post »
Giggino Warhol e la pop art giudiziaria
Voglio appendermi un De Magistris in salotto. Non fate subito pensieri macabri, non si tratterebbe mica di un trofeo di caccia. Pensavo piuttosto a una serigrafia in stile Andy Warhol a tutta parete, su cui il faccione dell’ex magistrato con la bandana in testa e gli occhi da pazzo sia virato in nove colori diversi, come Marilyn. Meglio ancora, una scultura iperrealista alla maniera di Duane Hanson, quello della casalinga che fa la spesa con i bigodini o dei turisti americani obesi. Voglio un De Magistris a grandezza naturale in poliestere e resina sintetica da piazzare al centro del soggiorno, un duplicato indistinguibile a occhio nudo dal De Magistris reale, intorno al quale amici e ospiti possano gironzolare, curiosare, commentare. Leggi il seguito di questo post »
Lost in Riina. Il labirinto della trattativa
Gli americani hanno Lost, noi abbiamo la trattativa Stato-mafia, e magari fosse solo una boutade. È tempo di congedare con onore la vecchia formula di Soulez Larivière, “circo mediatico-giudiziario”, che alludeva a uno spettacolo pacchiano fatto di leoni, domatori, trapezisti e pagliacci; tutto questo è ormai alle spalle, e il processo si avvia a diventare una strana e raffinata forma di transmedia storytelling o narrazione transmediale (Lost ne è l’esempio più celebre); ossia, una storia raccontata attraverso diversi media – film, serie tv, romanzi, fumetti, videogiochi – che cooperano per dar forma a un universo narrativo labirintico, disseminato, capace di espandersi all’infinito e in ogni direzione grazie anche al contributo attivo dei fan. Nel caso della trattativa Stato-mafia manca il videogioco (arriverà, prima o poi: “I predatori dell’Agenda perduta”), ma la logica è pressappoco la stessa. Leggi il seguito di questo post »
Mani Pulite al Liceo
Quando arrestarono Mario Chiesa avevo appena sedici anni. Del finimondo che mi accadeva attorno capivo ben poco, e registravo solo le informazioni che avessero qualche attinenza con la mia vita di studente di un liceo classico romano, per di più di un liceo storicamente “disimpegnato”. Dunque inezie, dettagli, nugae di poco conto. Non ero ancora hegeliano a sufficienza per riconoscere, nelle fotografie di Borrelli a cavallo che comparivano sui rotocalchi, l’immagine dello Spirito del mondo (Hegel era programma del terzo anno). Eppure, a richiamare oggi i ricordi di quella stagione, devo constatare che il mio fiuto di adolescente mi aveva portato a selezionare l’essenziale, a comporre un vademecum che ancora oggi mi è d’aiuto. Ricordo per esempio di quando vidi il faccione di marmo di Platone, lo stesso che campeggiava sul mio manuale di filosofia, sulla copertina di un volumetto dal titolo Mani pulite. Dentro c’erano l’Apologia di Socrate e il Critone, e il settimanale Epoca lo allegava al numero in edicola: prima, però, aveva avuto l’accortezza di distribuirlo a tutti i parlamentari del parlamento dei corrotti. Non potevo sospettare che in quella copertina ci fossero in nuce tutte le festivaliere filosofe della turpitudine, ma intuii che qualcuno, in Italia, avrebbe presto dovuto bere la cicuta. Leggi il seguito di questo post »
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