Guido Vitiello

Posts Tagged ‘Allan Bloom

Nel mercato (chiuso) delle idee

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I primi di aprile, mentre Mario Vargas Llosa teneva a battesimo il suo neonato La civilización del espectáculo, un altro libro compiva venticinque anni, The Closing of the American Mind di Allan Bloom, e Simon & Schuster lo festeggiava con un’edizione celebrativa; pochi mesi prima un altro libro ancora, L’état culturel di Marc Fumaroli, era diventato ventenne. Ebbene, dov’è il nesso? Si potrebbe dire che Vargas Llosa si candida a essere, per il mondo ispanofono, quel che Fumaroli è per il mondo francofono; e Fumaroli, a sua volta, è stato definito il Bloom francese. I bersagli polemici dei tre libri sono pressappoco gli stessi, salvo varianti regionali: l’oblio dei classici, la liquidazione dell’educazione umanistica e dei valori contemplativi, il declino della cultura alta, il relativismo come nuovo dogma e l’azzeramento delle gerarchie, il nichilismo soft come stile di vita, certe pestifere mode accademiche nate in Europa e dilagate in America, in testa a tutte il decostruzionismo. Simili i nemici, diversa l’accoglienza. Vargas Llosa, c’è da supporre, avrà vita facile: la sua polemica arriva tardi e non scalda gli animi, anche se le ragioni che la muovono non sono certo venute meno. Fumaroli, all’epoca, dovette affrontare qualche grana in più. Ma Allan Bloom, il grande snob conservatore allievo di Leo Strauss e amico di Saul Bellow, in quel 1987 si attirò addosso un inferno, che Andrew Ferguson rievoca nella postfazione alla nuova edizione. Leggi il seguito di questo post »

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giugno 30, 2012 at 12:01 PM

Lasciate in pace Bartleby. Contro l’uso politico dei classici

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Ricordava Milan Kundera di quando dovette assistere, nella Praga appena liberata dall’occupazione nazista, a una messinscena dell’Antigone di Sofocle adattata alla solennità e all’euforia dell’occasione. Creonte vi appariva come un impettito caporaletto fascista, un fantoccio autoritario, Antigone come una paladina della libertà, partigiana o suffragetta. In luogo della tragedia, che è scontro indecidibile di due ragioni e di due leggi, un galvanizzante e didascalico teatro dei pupi. Arruolare i classici in battaglia, che villanìa, che pena. Ora è la volta del povero Bartleby, taciturno scrivano, rivendicato come primo occupante di Wall Street, tirato giù dal letto e trascinato in piazza di contraggenio, gli occhi ancora gonfi di sonno, e qui costretto a ripetere la sua rinuncia sibillina come il più fesso degli slogan, a sentire la propria voce – che Melville volle ferma ma soave – raccolta e amplificata dallo schiamazzo responsoriale dei microfoni umani. Che villanìa, che pena. Eppure i classici, specie i più appartati ed elusivi, non si prestano di buon grado a queste mansioni servili. Tutt’al più, se proprio li si interpella, offrono un albero maestro a cui legarsi per non cedere all’incanto delle sirene più esagitate. Leggi il seguito di questo post »

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Maggio 10, 2012 at 12:57 PM

It’s a plot! Complotti e complottisti d’Italia e d’America

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La cometa di Halley è una trovata pubblicitaria. La Terra è piatta, da Roma a New York non c’è nemmeno mezz’ora di volo, ma lo stato si è messo d’accordo con le compagnie aeree e così a nostra insaputa ci fanno girare in tondo per venti ore. Esistono foto satellitari del pianeta, d’accordo: ma sono grossolani fotomontaggi, si vede pure il bordo bianco attorno all’incollatura, mica ci abbiamo scritto giocondo in fronte. La calvizie? Altro flagello sconfitto da vent’anni, se non fosse che lo stato è in combutta con i “pomatari” delle case farmaceutiche per nascondere ai cittadini il medicamento miracoloso. Chi si ricorda delle strampalate teorie cospiratorie del dottor Gianni Livore, personaggio partorito dal genio di Corrado Guzzanti ormai quindici anni fa? Chiunque volesse studiare il tipo umano del complottista troverebbe in lui tutto quel che gli serve, in quel signore esaurito di mezza età, gli occhi strabuzzati per l’insonnia, ossessionato dal commercialista, dalla burocrazia e dalle analisi mediche, e soprattutto tormentato dalla moglie abruzzese che giorno e notte frigge qualunque cosa nell’olio nero, lo stesso olio nero in cui hanno fritto e rifritto la mamma e la nonna. Tutto puzza di fritto in casa Livore, dal gatto (abruzzese) della moglie ai pulsanti dell’ascensore, tutto eccetto il computer. E così il nostro se ne sta incollato al monitor, in vestaglia, e molesta l’universo mondo, parla con Tokyo e con Hokkaido, con la Cina e con la Mongolia – ma, gli tocca ammettere, “non mi si fila nessuno”. Gli elementi ci son tutti: la crisi di mezza età, la frustrazione amorosa e familiare, ansie e rodimenti economici, l’uso compulsivo di internet e soprattutto il veleno del risentimento, che trova nell’olio nero delle rifritture abruzzesi un’immagine non meno efficace della bile nera dei fisiologi antichi, l’atrabile che governa i temperamenti melanconici e ipocondriaci.
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Annus Mirabilis. Il Guvi Book Award 2009

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Caspita, che annata d’oro! Per una volta, sono soddisfatto delle mie letture. E con gran pena sono riuscito a distillare due Top 15 (Narrativa e Saggistica), una Top 10 “di settore” (Extravaganzas) nonché una Caienna dove scontano la loro condanna i tre libri più insulsi letti nel 2009. L’esortazione d’inizio anno, che rivolgo per primo a me stesso, è ancora una volta questa: non farti dettare le scelte di lettura dai calendari degli editori e degli uffici stampa, dal ricatto dell’attualità, dal regno dell’adulazione universale (il cui rovescio è il combattimento dei galli) che domina il cosiddetto giornalismo culturale, dalla pressione di compagnie e circoletti, spesso amabili, che fanno leva sul senso di vergogna. “Ma come, non hai letto Tal de’ Tali?”. Ebbene no, non l’ho letto, non lo leggerò mai: la vita è troppo breve. Siate crivellati di lacune, con lo stesso orgoglio che il nobile Gruviera ostenta nel vostro frigorifero. Leggete i classici, e seguite le vostre ossessioni ovunque vi portino. Tutto il resto è enciclopedismo, snobismo, accademia, fighettismo letterario, o soggezione alla “fama”: che è poco meno che vento.

Se non vi fidate di me, fidatevi di Jonathan Swift: “Dei settemila scritti attualmente prodotti in questa rinomata città, prima che il sole abbia compiuto la prossima rivoluzione, non resterà l’eco di alcuno”. O di Joseph De Maistre: “Ma una raccomandazione mi resta da farvi, Signora, ed è che, all’epoca in cui viviamo, è più che mai necessario di stare in guardia contro la riputazione dei libri, visto che il secolo che tramonta rimarrà sempre segnato nella storia come la grande epoca della ciarlataneria in tutti i campi, e soprattutto delle fame usurpate”.

E ora, le classifiche (compilate, per pigrizia, in ordine sparso, in una notte quasi insonne: perciò non è detto che il numero sette sia meno bello del numero tre, eccetera). Leggi il seguito di questo post »